Project Description
Sant’Orsola
Fotografie da un Monastero
Presentazione di Tomaso Montanari.
Contributi di Alberto Breschi, Amos Cecchi, Marion d’Amburgo, Liana Di Giorgi Sossi, Sergio Givone, Silvana Li, Andrea Macaluso, Donatella Masini/Maurizio Bertelli, Gianfranco Romandetti, Goffredo Serrini, Stefania Zampiga.
Fotografo da diversi anni Sant’Orsola, monastero benedettino del Trecento, situato nello storico quartiere di San Lorenzo a Firenze , a due passi dalle Cappelle medicee e dalla Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Convento poi trasformato, agli inizi dell’Ottocento, in Manifattura Tabacchi per la produzione del sigaro toscano.
Lo fotografo mossa da un’urgenza interiore, quasi irrazionale, che deriva forse dal fascino esercitato su di me da un luogo che un tempo era spazio di meditazione e che tuttora, pur deturpato e ferito, continua a mantenere viva questa sua aura.
La prima volta che sono entrata nell’ex convento femminile – diversi anni fa – ho sentito che quel luogo occulto tratteneva un segreto e che, come fotografa, avrei potuto mettere in atto i suggerimenti che James Hillmann nel suo saggio L’anima dei luoghi rivolge agli architetti per entrare in contatto con il Genius loci: averne cura e portare a galla il rimosso, riconoscerne la ferita e farla germogliare, ridargli vita.
Luogo del sacro, murato ed occulto, Sant’Orsola rappresenta una smagliatura rispetto alla cooperativa di capolavori (Manganelli ) di cui gode Firenze, una dissonanza rispetto alla odierna logica di artificialità e vetrinizzazione del sistema urbano. Ed è questo che la rende oggi così interessante e preziosa.
Il suo stato di rovina, derivante dall’abbandono cui è stata lasciata per decenni, contiene, imprevedibilmente, interessanti possibilità di contemplazione e di esercizio di libertà. La sua esclusione forzata dal flusso della modernità ne ha fatto infatti luogo dove rallentare il ritmo, dove fare esperienza di tempo e natura, dove entrare in dialogo con il vivente, per comprendere che la natura può ancora essere libera di crescere in maniera spontanea e selvaggia.
Il suo abbandono è stato per me una straordinaria occasione, palestra e teatro di silenzi, di esercizio dello sguardo, di misurazione, di consapevolezza. Ma anche strumento per ripercorrerne la storia, per ridare vita, attraverso i ricordi e le testimonianze, al vissuto di un luogo, cercando – come il protagonista di un romanzo li ambientato – “il senso delle cose che vi accadono. Benché slegate fra loro, legami oscuri, analogie le tengono insieme.” (Sergio Givone).
La ricostruzione storica dell’edificio – dove sembra sia stata sepolta Lisa Gherardini, la famosa Monna Lisa di Leonardo – si intreccia con le testimonianze delle persone che vi hanno vissuto negli anni 50/70 del Novecento quando Sant’Orsola divenne Centro di accoglienza degli esuli istriani, fiumani, dalmati e poi Centro sfrattati ma lascia spazio anche agli interventi del comitato di quartiere circa la destinazione d’uso del complesso, alle riflessioni di poeti, scrittori ed architetti sul tema della città e dell’abitare che mi hanno nutrita e accompagnata nella gestazione di questo lavoro di ricerca.






