Project Description
Contributi di: Grazia Francescato, Juan Bottasso, Goriano Rugi, Mauro Francesco Minervino, Juan Utitiaj Untzui, Noemi Bottasso, Walter Landini, Tamara Landivar, Alessandra Movilia.
Witjai che in lingua Shuar significa “io esisto” è un racconto sulla bio-diversità dell’uomo in Amazzonia. Tre elementi del progetto sono fortemente connessi in una terra senza riferimenti: l’intelligenza collettiva della foresta, il legame shuar-pianta e la memoria storica di un biologo esploratore del 1927.
Per rappresentare il popolo oggi sono partito dalla loro millenaria conoscenza delle piante e ho voluto ripercorrere gli stessi sentieri del biologo naturalista Crespi (riferimento storico dell’Amazzonia) per esprimere il senso dell’anacronismo nella storia dell’uomo. Ho vissuto con gli Shuar e ho deciso con loro di realizzare questo progetto perché in questo modo si sarebbero ancora sentiti rappresentati nella loro identità senza essere travisati dal mondo esterno come “qualcosa di turistico o di tipico”. Gli Shuar non vivono fuori dal mondo ma vogliono difendere il loro. ( Es. ci parliamo con e-mail col loro sciamano)
I loro clan si sono voluti rappresentare “armati delle proprie piante” impugnate come strumenti di lotta in difesa della loro cultura/identità/esistenza. Con la scomparsa degli Shuar perderemmo irrimediabilmente un pezzo importante della nostra storia e della foresta. La vita degli Shuar si è fortemente connessa alle piante. Le piante per il popolo Shuar cambiano di significato a seconda dell’uso che ne viene fatto.Ogni pianta diventa un rimedio: contro il morso di serpente, la febbre, il cancro… ecc.
Crespi nelle sue lettere del ‘23 scriveva già del pericolo di distruzione della foresta ed era preoccupato dell’estinzione delle minoranze Shuar ridotte a poche centinaia. Certe cose non sono cambiate: come “petroleros”, miniere e sfruttamento. Ma la foresta è sempre più devastata e costringe gli Shuar a fuggire dal loro territorio che non è più sufficiente per la sopravvivenza. Uno Shuar che abbandona la propria foresta non ha alternative: o trova un’altra foresta o si estingue per sempre. La maggior parte degli Shuar non abbandona questo ambiente perché la loro evoluzione psicogenetica e la loro identità dipende dalla relazione con le piante. Chi abbandona il clan e la foresta spesso finisce male, sbandato, sfruttato dalle multinazionali o in galera per piccoli furti. Il modello economico occidentale ha causato in queste zone sensibili un dissesto totale dell’ambiente lasciando una scia di miseria, corruzione, violenza e perdita d’identità culturale.








