Project Description
Umane Tracce
Tutto quello che vedrete in questo libro non c’è più.
Da tempo la fabbrica di lavorazione del malto in porto aveva smesso la sua attività e la sua originaria funzione. Dagli anni ’80 le regole del mercato e della produzione l’avevano via via svuotata del suo significato e della sua utilità e nel corso degli anni dell’abbandono è diventata il precario rifugio di molti.
Ora chi ne ha preso in carico la responsabilità ha avviato un processo di riqualificazione complessiva e per l’edificio non c’è stata altra strada che la demolizione.
Tra incuria e abbandono, nel mezzo di un destino segnato, sono però spuntate tracce di vita, indizi di esistenza, bagliori di dignità.
In spazi vuoti che si sono riempiti, l’evidenza della presenza umana viene gradualmente a svelarsi in un percorso visuale in costante equilibrio tra contenuto emotivo e forza evocativa.
Luoghi abbandonati dalla nostra società tornati a vivere, margini strappati ricuciti raccontando storie solo apparentemente a noi lontane.
Li definiamo “invisibili”, quasi a voler giustificare la nostra indifferenza; li identifichiamo come “clandestini”, affermando la nostra autorità; li immaginiamo “invasori” invocando un potere che ci difenda.
Sono tracce di esistenza, che ci conducono a fare i conti con il nostro dilagante egoismo e ci invitano a riflettere e a ritrovare il nostro essere Umani.
Scrive il giornalista Paolo Coltro: “Lì dentro, per lo stesso principio per cui i nostri progenitori occupavano le caverne naturali, sono arrivati gli uomini di un’altra società, ad abitare le caverne del presente.
Esseri quasi invisibili, o per lo meno con la voglia di esserlo, perché anche avere una casa nel nostro mondo presuppone delle regole. Fuori dalle regole c’è l’illegalità, e allora ci si nasconde, e va meglio se chi sta intorno preferisce non vedere.
Ma come si fa a nascondere la vita? Il cemento è abbandonato ma resta organizzato, un tetto è un tetto per chi non ce l’ha. La catalessi dei muri spogli si interrompe, basta un piccolo elettroshock illegale perché si sentano di nuovo respiri, e voci, passi, tramestio.
E’ la resistenza dell’esistere, della costruzione e degli uomini.
Quei piani spettrali trovano una nuova funzione, diversa, imprevista, obbligata e necessaria. Il nuovo popolo – gli immigrati – è nero come il buio che ogni sera lo protegge, appena rischiarato a squarci dalle fiammelle che lo illuminano.
Sembrano spettri anche loro, gli occupanti: si sa che ci sono ma non si vedono, abitano in locali che non sono nati per abitare.
Di giorno torna il vuoto, ma lo stabilimento ha ancora sussulti di vita, confinati dall’off-limits.
Il fatto è che il vuoto non lo è, perché è pieno di segni: di ex presenze, quelle antiche sparite da trent’anni; e quelle sopraggiunte.
Quasi ad ogni passo, testimonianze: perfino un pezzetto di carta racconta la storia, è una fattura del 1964, parla di un’economia che non c’è più, di uffici spariti, di contabili chissà dove andati.
I segni sono anche la struttura, i vecchi percorsi degli impianti, i grandi fori di comunicazione, le ombre dei macchinari scomparsi diventano vestigia.
Ci sono particolari infimi, per esempio i chiodi, che diventano significanti, per chi vede. E se qui dentro entra un fotografo, vede eccome. E allora l’atmosfera del tempo che fu, racchiusa nel calcestruzzo, si trasforma in grafica, linee, disegno, composizione.
Le immagini presenti nel libro Umane Tracce, catturano lo spirito, tutti gli spiriti di uomini sconosciuti di ieri e di oggi. E perfino la forza delle cose, attorno a quelle persone.
Raccontano per flash intrisi di forma affascinante una forma che si è dissolta nella polvere dell’abbattimento.
Di quelle vite – quella produttiva e quella di catacomba per viventi – restano solo queste immagini. Il non c’è più, grazie ad esse, c’è ancora”.
Le foto sono state scattate nel Novembre del 2018 a Porto Marghera (Ve) da Nicola Paccagnella.