Project Description
Oltre le porte chiuse è un libro di Gianluigi Polizzi Sasso e Dmitri Cebotari.
Prefazione di Angelo Cerulo, Giornalista e Direttore ANSA Campania
A cura di Francesca Diletta Botte.
Fotografia e Fotoritocco di Gianluigi Polizzi Sasso, Dmitri Cebotari.
Come un occhio intento a scrutare da una serratura, una macchina fotografica può strappare il velo posto dinanzi a un’intima realtà che tenta a ogni costo di restare celata.
Romantica, sensuale, oppressa dalla malattia e – a tratti – spaventosa, la vita di un’umanità costretta tra le mura di casa propria sembra voler urlare la sua esistenza echeggiando fra le strade ormai vuote di una Venezia post-alluvione ancora devastata e ancora in bianco e nero, o di quella Milano dai colori a tratti tenui e a tratti spenti, anche a costo di rinunciare alla propria segretezza.
Questo lavoro fotografico narra le cronache di una quotidianità claustrofobica vissuta durante la Fase Uno del lockdown che ha interessato l’Italia per i successivi mesi e, tuttavia, non è un lavoro incentrato sugli effetti diretti della pandemia né sul modo di stare all’interno di un mondo radicalmente modificatosi in quel lasso di tempo. Piuttosto è il tentativo disperato di riappropriarsi della propria soggettività, lontani dagli assillanti giudizi sociali cui ogni individuo è necessariamente sottoposto vivendo in relazione con gli altri.
Nella mancanza di ogni stimolo proveniente dall’esterno c’è una riscoperta introspettiva che arriva alla presa di possesso di sé, passando dallo studio di quel tempo-fermo-nel-tempo, statico, annoiato, fino ad arrivare allo studio e alla riappropriazione del proprio corpo, in un luogo divenuto lontano dal giudizio e dalle convenzioni sociali dettate dal «tu dovrai» o dal «si fa così». Ciò che ne scaturisce è un nuovo mondo stretto fra le mura di casa, un non-luogo in cui, l’unico modo, per non lasciare scivolare lontano da noi quelle poche persone rimaste a far parte delle nostre giornate, è lasciarsi alle spalle l’assorbimento sociale di tutto ciò che credevamo di avere imparato sui moderni concetti di «privacy» e «confini invalicabili».
Di fatto, in quei giorni, il desiderio di condivisione aveva trovato un modo per abolire la sfera del «privato». L’«intimità» era ormai divenuta una questione di coppia, se non addirittura collettiva. Era il bisogno di esistere per l’altro , ormai divenuto l’unico.